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"AUTUNNO" foto di Attilio Pietrogiovanna

AGNER e DINTORNI , vuole essere uno spazio a disposizione di abitanti e frequentatori di questi luoghi.
Ovviamente questo vale anche per associazioni, amministratori locali e per tutti coloro abbiano da proporre tematiche inerenti l'Agordino.
E sopratutto vogliano promuovere tante lodevoli iniziative spesso note ai soli abitanti del paese in cui si svolgono!

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mercoledì 30 gennaio 2013

UN FIL DI FUMO

Di Cherubino Miana

Abitavo con i nonni nella grande casa quasi al limite del bosco, sopra di noi alcuni prati sfalciati con lunghe siepi di nocciolo dove tendevamo le trappole per i pettirossi, poi i terreni comunali adatti a pascolo con boschi di abete rosso e larice. L'autunno dava diritto ad ogni famiglia di una certa quantità di legnatico, in genere era ramaglia di qualche lotto boschivo dopo che i tronchi erano stati portati in segheria, ognuno aveva una certa area da ripulire di rami e cimase, tutto ciò per scaldarsi d'inverno. C'era vicino a noi una povera vecchina, sempre vestita di scuro che abitava in una piccola casa di tre stanze, una cucina con annessa piccola stalla dove teneva due capre al pian terreno e due stanzette da letto al piano superiore, una scala esterna collegava la cucina alle camere e il tetto era così basso che su un angolo uno di noi se saliva in groppa all'altro riusciva a camminarci sopra.

Noi ragazzi in quel periodo eravamo molto uniti ed un bel gruppo, naturalmente il tempo libero era molto e così la tendenza di far dispetti. L'estate lo passavamo a catturare vipere con una bottiglia nella quale mettevamo un po' di latte rubato alle mucche che pascolavano, ci davano cinquecento lire a vipera in farmacia e per noi erano un sacco di soldi, ne prendevamo due o tre al giorno e ci dividevamo il guadagno. Ogni tanto andavamo a far dispetti alla vecchietta, uno saliva sul tetto e gli metteva delle frasche di abete nel camino e quando lei accendeva il fuoco la cucina si riempiva di fumo, noi andavamo a trovarla allora, la sua porta era sempre aperta e ci potevi entrare, lei si perdeva in quell'atmosfera che sembrava la nebbia delle pianure e si lamentava del camino che non tirava.

 

Allora le dicevamo, te lo puliamo noi il camino e uno di noi saliva in cima, toglieva i rami di abete e tutto si sistemava. Lei ci ringraziava e ci dava una patata di quelle “chegole”...piccole insomma, messe a cuocere sotto la cenere, ci donava una parte della sua cena. Il marito penso fosse morto perchè non lo vidi mai a casa ed una figlia era al lavoro a Milano, a servizio da certi signori diceva lei. Le sue capre erano famose tra i malgari, perchè quella più vecchia, dopo due giorni che era in malga diventava capobranco di ben quattrocento capre. I malgari la chiamavano con il nome della padrona”La siegata grande” mentre l’altra era “La siegata piccola”, diventata capobranco la mattina era lei che sceglieva i pascoli alti e se volevi spostare il branco dovevi chiamare lei che veniva solo se vedeva che avevi del sale grosso sul palmo della mano.

Erano ste due capre l'unico sostentamento di questa vecchina, le patate gliele davano altri che possedevano campi ed un po’ di formaggio e burro glieli mandava sempre la nonna in modo che potesse passare l’inverno....me lo ricordo un etto di burro ogni chilo che si portava dal caseificio e così per il formaggio, ma oltre alla nonna probabilmente contribuivano molti altri, una volta l’aiuto tra vicini era d’uso. Quel camino annerito ogni tanto prendeva fuoco, lei lasciava che il “Calidem” bruciasse e poi come nulla fosse riprendeva come prima. Il fatto, diceva era che i rami di abete sporcavano molto con la loro resina ed era per quello che il camino si incendiava.

Un giorno vedemmo che il camino non fumava al mattino e neppure il pomeriggio, era scomparso un segno di vita ed era scomparsa lei, la vecchietta che viveva sola nella sua cucina nera di fuliggine.

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