BLOG APERTO A TUTTI!!

"AUTUNNO" foto di Attilio Pietrogiovanna

AGNER e DINTORNI , vuole essere uno spazio a disposizione di abitanti e frequentatori di questi luoghi.
Ovviamente questo vale anche per associazioni, amministratori locali e per tutti coloro abbiano da proporre tematiche inerenti l'Agordino.
E sopratutto vogliano promuovere tante lodevoli iniziative spesso note ai soli abitanti del paese in cui si svolgono!

Inviateci tramite e-mail il programma di quanto organizzate, con molto piacere, sarà inserito quanto prima su Agner & Dintorni..


giovedì 11 aprile 2013

LA PROTHISION DEL VENDER SANT





Di Nino Gnech


In tei riti de Pasca avea na gran importantha la prothisan de not del Vender Sant. Se partia tuti dalla cesa, se ‘ndea fin an capitel via a la Vila e po’ se tornea inte cesa. El preve el portea in prothison el Santissimo col ostensorio pi bel, el caminea sot al baldachin portà da quattro sbolde doven e con intorn quattro ferai col bachet portadi da altri quattro bociathoi. 

L’era ‘na corsa fra i doven a ciaparasse un de sti ruoli, parchè olea di che da boce se passea de grado, se deventea sbolde.
I chierichetti col turibol e l’incenso i caminea vesin al preve, i omi davant, subito dopo la cros e da drio tutte le femene. 

Me recorde che la prothison la ‘ndea avanti per en toc in silenthio e de tant in tante el coro de le femene cantea na strofa e dopo en tochet ghe tochea ai omi responde con ‘n altra strofa. Parea che le domandese valc e che i altri, con comodo ghe dese la risposta. L’era tut in latin e no capion nia ma i veci, malithiosi, i ne avea insegna che el duetto el disea: “Parche…epo pisetu sentha molà pet” e la risposta, dopo en tochet, la disea : Fathe compagn de en violin thentha archet”

L’era blasfemo, ma no se rendion cont e cande che el motivet te entrea in testa, te era tentà de cantalo anche de fianco al preve.

L’era anca tradithion che intant prothison calche sbolda, dei pi veci, postà lontan, de drio an talvà o an busch, el fese calche bot, calche tonada. No l’era ancora fathile come ades comprà calche petardo, calche mortaret de foghi d’artifithio, ma, dopo la guera, l’era ancora tante armi in giro, fusii,pistole co le so cartucce e anca bombe a man; l’era con chesti che i dovinoti i fea i bot.

Se no, i doprea el carburo, de chel se ghen catea fathile, parchè i lo vendea per le lampade da minador che se usea anca per ‘nda a rane o inte stala. Con en bosol da conserva, grant e vodo, con en buset sul cul, en cin de fen inte, poia per calche ninuto sora na buseta con acqua e carburo, el bosol se carghea de gas. Dopo avelo reversà sul fianco, se ‘l impithea con en stopin, avithinandolo al buset. La tonada che vegnea fora l’era come na canonada, se sentia l’eco da le montagne intorn e chei in prothison se domandea: saralo stat chi?

L’era tute robe en bon cin pericolose e, infati, l’e suthedest ancha calche burt caso che me recorde; en sbolda el ghe ha remetest en det de la man dreta, poreto.


Traduzione




Fra i riti di Pasqua aveva un grande rilievo la processione notturna del Venerdì. Si partiva dalla chiesa parrocchiale e si andava ad un capitello del villaggio Villa, poi si ritornava alla chiesa. Il parroco portava in processione il Santissimo con l’Ostensorio più bello; camminava sotto un baldacchino, portato da quattro ragazzotti e contornato da quattro lanterne con stelo,portate da altri quatto ragazzi. I ragazzi facevano a gara per accaparrarsi uno di questi ruoli perché questo costituiva un avanzamento nella scala sociale: si passava da ragazzi a giovanotti. I chierichetti con turibolo e incenso camminavano vicino al parroco, gli uomini davanti, subito dopo la croce che apriva la processione e le donne, invece, tutte dopo il prete. 

Mi ricordo che la processione avanzava in silenzio e solo di tanto in tanto i cori cantavano qualche strofa alternandosi fra donne e uomini. Sembrava fossero delle domande cui , dopo qualche minuto, venisse data la risposta

dal coro antagonista. Era tutto in latino e noi ragazzi non capivamo niente, ma i vecchi, maliziosi, ci avevano insegnato che il duetto diceva:

E la risposta, dopo una pausa di silenzio, era: . Era naturalmente qualcosa di blasfemo, ma non ce ne rendevamo conto, e quando il motivetto ti entrava in testa, eri tentato di cantarlo anche di fianco al prete.

Era tradizione anche che, durante la processione, qualche giovanotto, nascosto poco lontano,dietro ad un fienile o ad un cespuglio, facesse qualche sparo, qualche botto. Allora non era facile , come adesso, comprare mortaretti e fuochi d’artificio ma, dopo la guerra, c’erano in giro molte armi, fucili e pistole con relative cartucce ed anche delle bombe a mano; era con questi che i giovanotti facevano i botti. In alternativa veniva usato il carburo di calcio, che era facile reperire perché era usato nelle lampade da minatore, utilizzate per andare nelle stalle o anche per la cattura delle rane in primavera.

Si metteva un grande barattolo di latta vuoto, con un piccolo fori sul fondo e riempito di fieno, capovolto sopra una piccola buca nel terreno, contenente acqua e carburo. Dopo qualche minuto il barattolo era pieno di gas acetilene trattenuto dal fieno. A quel punto veniva rovesciato sul fianco e, con uno stoppino in fiamme si dava fuoco attraverso il foro .

Il boato che ne scaturiva era come un colpo di cannone, del quale si sentiva l’eco dalle montagna circostanti. Quelli in processione si chiedevano l’un l’altro: chi sarà stato?

Erano tutte pratiche molto pericolose e, infatti,sono successi anche degli incidenti, mi ricordo di un ragazzotto che, poverino, ci ha rimesso un dito della mano destra.


martedì 9 aprile 2013

I RITI DE PASCA

Come promesso nei post precedenti, continuano i contributi "Pasquali " di Nino Gnech.

 Grazie a Nino ... e Buona lettura ai frequentatori di A&D


I riti de Pasca


Cande che i lighea le campane, i omi pi bravi se preparea per n’da a cantà el Passio in cesa la sera del vender sant. I boce tirea fora le crecole e le batole per ‘nda per le strade a sonà l’ora de la messa.L’era tut en confrontasse sti strumenti…<>, le pi’ bele le avea fin trei rochet diferenti, con trei steche che dea trei toni diversi. El momento pi spetà, come fusse la prima de en contherto, l’era la fin del Passio in cesa, che alora tutti podea sonà el so “strumento” in cesa e i fea en bacan infernal. El Passio el era lonc (lonc come el Passio l’era anca en modo de dì) ma a noi boce el ne savea ancora pi lonc parchè no se vedea l’ora de sfogase co la sonada in cesa. 


Traduzione

Quando legavano le campane, gli uomini più bravi del paese si preparavano per cantare il Passio in chiesa, la sera del Venerdì Santo. 

I ragazzi prendevano le raganelle di legno e le “batole” per andare nelle strade ad annunciare la messa (al posto del tradizionale suono delle campane). Si confrontavano l’un l’altro gli “strumenti” …..<>, le più belle avevano anche tre rocchetti con denti diversi e tre stecche che davano tre tonalità diverse di suono. Il momento più atteso, come fosse la prima di un concerto, era la fine del Passio in chiesa, perché allora era concesso a tutti di suonare lo “strumento” di cui disponevano e per qualche minuto c’era un baccano infernale.

Il Passio era notoriamente lungo (“ lungo come il Passio” era anche un modo di dire) ma a noi ragazzi sembrava ancor più lungo, perché non vedevamo l’ora di sfogare la nostra voglia di suonare quegli strumenti in chiesa.
* Strumento composto da un’asse di legno con una serie di borchie su ambo i lati, su cui vanno a battere due maniglie mobili, una terza maniglia in testa alla tavola, serve per impugnarla e agitarla per far sbattere, alternativamente, le due maniglie sulle brocche laterali. Da non confondersi con la raganella. 




El Passio


Cantà el Passio l’era en privilegio de pochi e i novi i vegnia cioti inte sol cande che en vecio moria e dopo tante proe. 

I se metea su in tel coro, en grupo per banda del altar.

Le os baritonali le era chele dei pi veci, me recorde l’Angelo Monec, el Rafaelo Bet e dopo el Gino dei Due; fra le tenorili l’era el Lino Russo, el Bepi Due e altri che no recorde. Na roba però me ricorde ben. I doi che se savea pi bravi, coi se catea via in coperativa a beve en ombra, i se disea l’un l’alter: doi i sa cantà ben el Passio….Un te e ti e…chel alter stà ti a dilo.



Traduzione.


Era un privilegio di pochi quello di cantare il Passio in chiesa e i nuovi cantori venivano generalmente ammessi alla morte di qualche componente e dopo varie prove. I cantori si disponevano nel coro in due gruppi posti ai due lati dell’altare. Le voci baritonali erano generalmente quelle dei più vecchi: ricordo Angelo Monech, Raffaello Bet e poi Gino Due; fra le tenorili Lino Russo, Beppi Due ed altri che non ricordo. Una cosa però ricordo bene. I due che si reputavano i migliori, quando si ritrovavano a bere un bicchiere di vino al bar della cooperativa, uno diceva all’altro: sono due quelli che san cantare bene il Passio, uno sei tu e l’altro spetta a te dirlo.



lunedì 8 aprile 2013

MOBILITAZIONE CONTRO LA CENTRALE SUL TORRENTE SARZANA 11/04/2013



ASS. PESCATORI “ VAL SARZANA”

Giovedì 11 aprile 2013 ore 10:00 presso il Comune ci sara’ il sopralluogo dei funzionari addetti alla stesura del verbale, per la fattibilità della Centralina che dovrebbe sorgere sul torrente Sarzana in località Ponte (strada verso Digoman). La presa a monte sarà in località immediatamente sottostante il “Sarda Ranch” a Frassenè, per un progetto e appena più in fuori, per gli altri due.

Chiunque puo’ ancora portare delle osservazioni a riguardo dei progetti in questa e ultima occasione : proprietari di terreni interessati, pescatori, ambientalisti, liberi cittadini e persone a cui sta a cuore ancora il nostro paese e il nostro ambiente.

LO VOGLIAMO REGALARE AI PRIVATI? CHE VOGLIONO FARE I SOLDI CON LE NOSTRE ACQUE, DISTRUGGENDO IL NOSTRO AMBIENTE E CHE IN PIU’ RICEVERANNO UN CONTRIBUTO STATALE PER FARLO? CHE NATURALMENTE PAGHERETE VOI?!

Abbiamo stampato e posto nei bar i progetti per chi volesse visionarli, PENSATECI.

COSA LASCEREMO AI GIOVANI NEL FUTURO?

** APPUNTAMENTO A GIOVEDI’ 10 APRILE ORE 10.00 **

….MUOVIAMOCI ORA! DOPO SARA’ TROPPO TARDI!!

sabato 6 aprile 2013

NO ALLA CENTRALE ELETTRICA SUL SARZANA

Ecco il documento che motiva il nostro fermo NO alla realizzazione della centrale elettrica sul Torrente Sarzana, (già sfruttato da altri impianti) nel comune di Voltago Agordino.




ASSOCIAZIONE PESCATORI SPORTIVI 


“Val Sarzana”

32020 VOLTAGO AGORDINO (BL)





                                                        Voltago Agordino, 05/04/2013


                                    

                    Spett.li 

                    Regione Veneto - Provincia di Belluno 

                    Sportello Unico per il Demanio Idrico 

                    Via I. Caffi angolo Via Loreto 

                     32100 Belluno 


Oggetto: Ordinanza di istruttoria congiunta n. 8 del 28/02/2013.Ordinanza di sopraluogo in relazione alle richieste di derivazione idrica dal torrente Sarzana presentate dalla Società Tecnoespe S.r.l. in data 18/11/2011 (BUR n. 18 del 02/03/2012) ed, in concorrenza dalla società Zollet Ingegneria S.r.l. in data 05/03/2012 (BUR n. 48 del 22/06/2012) e dalla Società Idroelettrica Alpina S.r.l. in data 02/04/2012 (BUR n. 48 del 22/06/2012).
Inviamo le seguenti osservazioni.



L’ Associazione Pescatori Sportivi "Val Sarzana" e la Comunità di Voltago Agordino hanno già manifestato più volte l’assoluta contrarietà all’iper sfruttamento idrico del torrente Sarzana, peraltro già interessato da due distinte derivazioni a scopo idroelettrico che penalizzano in modo importante l’ ambiente e il naturale flusso delle acque. Il tutto è testimoniato dalle 660 firme raccolte e già depositate in Regione Veneto di cui Vi alleghiamo copia.

Ciò nonostante si intende ulteriormente deturpare, cementificare e "mutilare" il torrente in un tratto ad alto valore ambientale, turistico e storico.

Infatti la zona che verrebbe interessata dall’ opera, ricade all’ interno del cosiddetto "percorso vitae", realizzato dall’ Amministrazione Comunale per far ancor più apprezzare a valligiani e turisti il prezioso e incontaminato paesaggio naturale che ovviamente include in primis il corso d’ acqua.

La zona inoltre, per la sua particolarità ambientale è sempre più spesso meta di scolaresche guidate da insegnanti e personale esperto che hanno il fine di sensibilizzare i più giovani al rispetto dell’ ambiente e alla sua conoscenza.

Ricordiamo poi che un ulteriore riduzione della naturale portata delle acque, causa irrimediabilmente la modifica della vegetazione presente in alveo provocando una crescita innaturale degli arbusti che in caso di piena ed eventuale sradicamento diventerebbero una seria minaccia per le vie di comunicazione (soprattutto ponti) che si vengono a trovare a valle delle opere di presa, cosa già sfiorata nell’autunno 1993. Fortunatamente in quel periodo la vegetazione sui bordi era limitata grazie al naturale deflusso e quindi il ponte sul Sarzana ebbe danni contenuti.

Il torrente inoltre è da 33 anni curato, per quanto riguarda la fauna ittica, da codesta associazione (che conta oltre 100 iscritti) che si impegna costantemente nelle immissioni e nel controllo del territorio per il corretto mantenimento delle condizioni più naturali possibili, già gravemente compromesse dalle altre due opere di derivazione esistenti. Negli anni passati l’Associazione si è impegnata anche, con successo, al completo ripristino e recupero delle sponde dai rifiuti lasciati durante il corso degli anni, ridando all’ ambiente e al torrente la dignità e la bellezza che una zona di montagna ora “Patrimonio dell’ Umanità” gli compete.

Questo permette in più di avere un ritorno turistico sul nostro territorio di pescatori che vengono ad esercitare la pesca sportiva e nel contempo apprezzare l’ambiente che li circonda.

La nostra associazione promuove inoltre, grazie alle apprezzate e pescose acque del Sarzana, giornate dedicate all’ insegnamento della pesca ai suoi iscritti più piccoli, avvicinandoli così alla natura e alla conoscenza del territorio in cui vivono. Cosa da non sottovalutare in questi periodi dove l’ informatica sembra essere il solo motivo di svago per i più giovani.

Va sottolineato che i nostri territori ricadono nel bene seriale e naturale Dolomiti Unesco e che le punte di diamante ritenuti patrimonio dell’ umanità sono paesaggio e geologia, l’ acqua evidentemente regola questo patrimonio. Pertanto e’ NOSTRO E VOSTRO DOVERE salvaguardare il territorio nella sua integrità comprese le acque. Perché è questo che vuole l’ Unesco: il mantenimento totale di questo patrimonio.

Inoltre nel caso fossero approvate le domande in oggetto, il loro contributo energetico sarebbe insignificante rispetto al totale della produzione nazionale che dipende quasi unicamente dai grandi impianti, mentre l’impatto ambientale paesaggistico nel nostro caso sarebbe enorme e comprometterebbe inoltre l’ area che vede nel turismo , con ambiente e paesaggi, una delle principali fonti di reddito per l’ economia locale. Pertanto a fronte di un utilizzo di un bene presente sul territorio non prevede nessun beneficio per lo stesso, anzi ci rimette.

Ci sorge spontaneo il raffronto tra come viene tutelato il nostro territorio e quello delle regioni limitrofe, ad esempio il tanto blasonato Trentino Alto Adige, dove la valorizzazione e la tutela dell’ambiente e territorio ha la massima considerazione con un indiscusso ritorno economico. Mentre noi con un ambiente di pari o addirittura maggiore bellezza, non solo non riusciamo a valorizzarlo ma lasciamo che venga compromesso in modo irrimediabile.

Con il 90% delle acque del bacino della Piave artificializzate con oltre 200 chilometri di tubature e condotte che attraversano le nostre valli e più di 130 richieste di nuove concessioni (numero che continua ad aumentare) sul restante 10% dei corsi d'acqua ancora inalterati, evidentemente, non siamo bravi come loro.



IN CONCLUSIONE

Per quanto finora espresso, l’ Associazione Pescatori Sportivi "Val Sarzana" e i 660 firmatari della petizione esprimono la loro assoluta contrarietà alla realizzazione di qualsiasi altra opera idroelettrica sul torrente Sarzana ed eventuali affluenti.

Distinti Saluti 





                                                              Il Direttivo

mercoledì 3 aprile 2013

LE PULITHIE DE PASCA


La Pasqua è ormai trascorsa, ma grazie a nuovi preziosi contributi di Nino Gnech, rimaniamo sull'argomento e per dare modo di comprendere lo scritto anche a chi non mastica proprio bene il dialetto locale, il tutto è associato a traduzione in lingua Italiana a cura della sua gentile consorte... 
 Riprendiamo  pertanto da oggi la pubblicazione di "noi che na olta"...  alcuni spaccati  dei tempi trascorsi,  in questo caso in tema Pasquale.

Buona Lettura!







Dopo en invern crudo e che se avea dovest fa tant foc in tel larin e anca in tel fornel, le cusine  e le caminathe le era negre de fum e ogni fameia per Pasca, la ghe cenia a daghe ‘na netada. I disea : fon en cin le pulithie de Pasca (o de primavera). Se el temp el era bon e no l’era altri laori pi importanti , se ghe dea na man de bianco co la calthina o magari anca doi o trei se ocorea, ma chesto no tutti i ani. Un dei laori che ghe era dat ai boce l’era la lustradura dele cadene. La cadena del larin, dopo en an de foc de stith e dasse, la era negra de calidem che calche olta el fea fin le gothe. Alora i veci, i la destachea dal camin e i ghe la dea ai boce da netà. Ma l’era en dogo!!! Le cadene le vegnia strasinade, insieme, per le strade ingiarade o col salesà;  le fea en bacan infernal; parea “la catha selvarega” contada in te le berte…..e noi boce se se godea tant. Intant le cadene le se netea dal calidem e le vegnia bele lustre. Chesto l’era el contributo de noi bocete ale pulithie de Pasca, co la sperantha che la mare,  a cont, la ne dese calche vof, incolori de dal co le foie de theola, per n’da a strucà coi altri el di de Pasca.


Traduzione.
Dopo un inverno rigido per cui si era dovuto fare molto fuoco sia nel caminetto sia nel fornello, le cucine e il locale del caminetto erano nere di fumo ed ogni famiglia ci teneva ripulirle per Pasqua. Dicevano: facciamo un po’di pulizie di Pasqua. Se il tempo era buono e non c’erano lavori più importanti da fare si imbiancavano i locali con   calcina, data a più mani secondo la necessità ed il tempo a disposizione. Ma non lo si faceva  tutti gli anni.  
Un lavoro che era demandato ai ragazzi era la pulitura delle catene del  focolare: Dopo un anno di fuoco con legno e sterpaglie le catene preposte al sostegno del paiolo nel camino  erano nere, incrostate di fuliggine. Un anziano le staccava del camino e le consegnava ai ragazzi perchè le pulissero lucidandole ben bene.
 Questo per loro  era un gioco!!
Le trascinavano in gruppo per le strade in ghiaia  e quelle con l’acciottolato, di corsa . Le catena facevano un chiasso infernale che sembrava la”caccia selvatica” raccontata nelle vecchie storielle di paese…. e noi ragazzi ci divertivamo tanto.  Così le catene si pulivano dalla fuliggine e diventavano lucide.
Questo era il contributo di noi ragazzi alle pulizie di Pasqua, con la speranza che la mamma,in cambio, ci desse qualche uovo sodo, colorato di giallo con le foglie di cipolla, per andare a sfidare gli altri ragazzi il giorno di Pasqua.

Il gioco consisteva nel battere le uova,  una contro l’altra, vinceva chi aveva  l’uovo più duro che rimaneva intatto e guadagnava tutte le uova che si erano rotte.