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"AUTUNNO" foto di Attilio Pietrogiovanna

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E sopratutto vogliano promuovere tante lodevoli iniziative spesso note ai soli abitanti del paese in cui si svolgono!

Inviateci tramite e-mail il programma di quanto organizzate, con molto piacere, sarà inserito quanto prima su Agner & Dintorni..


domenica 30 gennaio 2011

Sardinia connection...

di giorgio casera

… con l’Agordino, naturalmente. No, non è il titolo di un film di spionaggio o di mafia, ma il nome, un po’ di fantasia, della relazione instauratasi tra l’Agordino e la Sardegna per effetto del lavoro che i Periti usciti dall’Istituto Minerario di Agordo hanno svolto nelle miniere dell’isola in un periodo di circa 100 anni, dalla metà circa dell’Ottocento fino agli anni ’60-’70 del secolo scorso, periodo delle chiusure.



Si sa che la Scuola Mineraria di Agordo fu fondata per soddisfare la richiesta di tecnici che veniva dalle vicine miniere di Val Imperina. Quando però il numero dei diplomati della scuola superò le capacità di assorbimento della miniera, i periti dovettero rivolgersi altrove per il lavoro, in pratica in tutto il mondo. In Italia le destinazioni più comuni furono la Toscana e, appunto, la Sardegna.

Sono stato recentemente all’Archivio Storico delle Miniere ad Iglesias, su richiesta dell’Associazione dei Periti Minerari di Agordo, per rilevare “tracce” del passaggio di Periti Agordini diplomatisi nei primi anni del ‘900 (l’intenzione, da quanto capisco, è realizzare una monografia che racconti le vicende di questi periti “storici”). Sono rimasto impressionato nel riscontrare, nei libri matricola delle varie società minerarie (quelli dove si registrano i dipendenti) quanti periti agordini formassero i quadri tecnici per il lavoro in miniera.
Cognomi e luogo di nascita erano rivelatori: solo per il periodo della mia ricerca (1880 – 1930) ho trovato Angoletta e Fossen di Rivamonte, due Sorarù di Rocca Pietore, Dalla Porta e Larese di Agordo, diversi Marcon e un Ferrandi di Gosaldo, Todesco di La Valle, Casera (mio padre) di Voltago, Alchini di Cencenighe, Pianezze di S.Tomaso Agordino, Valt e De Pellegrini di Falcade etc etc (e potrei continuare), come si vede da tutti i comuni della valle del Cordevole.



Carlo Todesco (La Valle) e Daniele Casera (Voltago) con le famiglie a Gennamari (CA) nel 1933

Il più “antico” è un Giovanni Angoletta, diplomato nel 1886, seguito da un Fossen, nel 1892. Sono ambedue di Rivamonte, il che non sorprende, visto che là la tradizione mineraria era particolarmente viva.
Ho consultato libri matricola, rapporti di lavoro mensili, ma anche documenti su svaghi e di attività di circoli di dopolavoro.
Il documento più curioso che ho trovato è la lettera di un perito che per recarsi dalla miniera di Gennamari, dove lavorava, a quella di Ingurtosu, dove c’era la Direzione (ambedue si trovano nell’Iglesiente), per fare il rapporto serale, dovendo percorrere a piedi due Km di strada in mezzo alla macchia mediterranea, chiedeva “la scorta di una guardia armata, contro i banditi e contro i cinghiali”!


In seguito, intendo dagli anni ’30 in avanti, i periti agordini sono stati sempre di più. L’attività delle miniere, prima per l’autarchia decisa dal regime, poi, dopo la guerra, per la ripresa, è stata spinta al massimo e quindi ha richiesto sempre nuovo personale. Forse farò una prossima ricerca su questo periodo, ma per intanto, fidandomi soltanto della memoria di ragazzino (a cavallo tra anni ’40 e ’50) non posso dimenticare che per casa nostra ad Ingurtosu (una delle miniere più attive) passavano a salutare tanti “agordini” tra cui citerò i nostri paesani di Voltago Livio Comina, Noè Pollazzon, Gino e Gianni Miana, Elio Da Campo (questi ultimi lavoravano a Montevecchio, a pochi chilometri).



Giovani e vecchi "agordini" al Pozzo Gal di Ingurtosu nel 1952: Domenico Nascimben (col pizzo, La Valle) e Daniele Casera (con gli occhiali scuri)

Come vivevano i nostri in Sardegna? Direi piuttosto bene (a parte la durezza del lavoro, ma ai tempi non c’erano alternative!). La posizione nel lavoro era di rilievo: in genere il ruolo era di Capo Servizio Interno (cioè nei pozzi o in galleria), che riportava direttamente al Direttore della miniera, e non di rado si acquisiva la dirigenza; e questo significava, nel paese che viveva in simbiosi con la miniera, automaticamente il riconoscimento del grado sociale corrispondente. I paesi, è vero, erano generalmente piccoli e non vicinissimi ai grossi centri, quindi un certo senso di isolamento si poteva sentire, ma forse non più di quello provato nei nostri paesi in montagna. In più, grazie alla presenza di lavoratori e delle loro famiglie provenienti da tutte le zone d’Italia, esisteva una mescolanza di culture e tradizioni che si arricchivano vicendevolmente. Quanto ai rapporti con i locali, sobri e riservati ma anche generosi ed ospitali, era facile, per il carattere dei montanari, intendersi.

E’ stato così facile abituarsi al vento, ad inverni più miti, a lunghe estati, al mare. E per tanti è stata l’occasione di formare la propria famiglia. Per questo molti di loro, terminato il tempo del lavoro, hanno deciso di fermarsi in quella che era diventata una seconda “patria”. Ne fanno fede i cognomi che si possono trovare ancora adesso nell’elenco telefonico della Sardegna (vedi anche sito www.gens.labo.net) cui corrispondono evidenti periti agordini o loro discendenti ( Angoletta, Marcon, Masoch, Todesco, Casera, De Pellegrini, Schena, De Cassan, Zuanel, Campedel, Salton, Del Din…).

L’”incantesimo” è durato fino alla fine degli anni ’60, come dicevo all’inizio. La progressiva chiusura delle miniere, causa l’esaurimento delle vene e la perdita di competitività con le miniere del Nordafrica e del Sudamerica, ha significato la partenza per altri luoghi di lavoro o il ritorno a casa, sicuramente con qualche rimpianto. E’ quello che percepisco nella voce e nelle parole di chi incontro ogni tanto nei nostri paesi e con cui, consapevoli di una comune esperienza, ci sentiamo in una sintonia, quasi nostalgia, particolare.

1 commento:

  1. Bellissimo articolo, me lo sono gustato dalla prima all'ultima riga, foto comprese.
    Grande Giorgio!

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