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"AUTUNNO" foto di Attilio Pietrogiovanna

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mercoledì 9 gennaio 2013

IL PELMO DELL'UNESCO


di Vincenzo Agostini

Un giorno il Pore decise di andare dal Pelmo a protestare. La misura era diventata colma da quando gli avevano riferito che era stato escluso, quasi all’ultimo minuto, dalle Dolomiti Patrimonio Mondiale dell'Umanità. Era stato trattato come una cima di seconda categoria e non poteva di certo mandarla giù. Siccome il Pelmo, peraltro, gli incuteva paura, il Pore chiese al Col di Lana e ai Migogn di accompagnarlo. Questi, essendo nella medesima situazione, dissero volentieri di sì.
Cammina cammina, quando arrivarono in cima ai ghiaioni, nel punto esatto dove parte la Simon-Rossi, bussarono alla porta del Caregòn del Padreterno. Il Pelmo, nella sua grande possanza, fece uno sbadiglio e allargò le braccia fino a lambire il Becco di Mezzodì e la Civetta.
Io non posso farci niente, bofonchiò dopo aver ascoltato le proteste del Pore, queste sono decisioni che dipendono dall’Unesco!
Figurati, replicò il Pore con energia, sei tu il caporione di tutto questo andazzo! É colpa tua se hanno preso in considerazione soltanto le cime spettacolarmente verticali e pallide, quelle che presentano una varietà di forme scultoree straordinaria a livello mondiale. Ehi, non sto scherzando, sto leggendo qui, aggiunse il Pore sbattendogli al Pelmo le carte in faccia. Qui c'è scritto che sei addirittura di importanza internazionale per le scienze della terra! Scusami, non è che potevi accontentarti?
Il Pelmo era diventato tutto rosso.
E' anche una questione di uguaglianza, aggiunse il Col di Lana inviperito. Se poi considerassero la storia...
Tieni anche conto che i turisti vengono quassù per guardarti meglio, dissero i Migogn, saputelli. Perché se è vero che siamo in montagna, è anche vero che siamo tutti sulla stessa barca!
Il Pelmo, non sapendo cosa rispondere, chiese argomenti di difesa alla Civetta la quale aveva però la testa fra le nuvole. Diede un urlo alla Marmolada, ma la Regina, noblesse oblige, aveva ancora le finestre di Serauta chiuse.
Allora, con le mani che gli tremavano dalla rabbia, il Pelmo estrasse dalla tasca di Forca Rossa il cellulare e fece il numero della Fondazione Unesco. Non rispose nessuno. Fece il numero un'altra volta: ancora niente, ancora nessuno, ancora silenzio.
Spense dunque il cellulare e disse al Pore, al Col di Lana e ai Migogn di avvicinarsi fino alla Sfesùra.
Cazzate, cazzate, cazzate, disse il Caregòn del Padreterno con una voce altisonante che sapeva di tuoni e di lampi. Qui nessuno è patrimonio di nessuno! Io, noi, voi, le Dolomiti, quelle pallide come quelle altre, anche quelle verdi, possediamo questi luoghi da milioni di anni e non saranno di certo un paio di generazioni di umani a cambiare l'ordine generale delle cose. Questi umani: i soliti presuntuosi! Fra l'altro, aggiunse scandendo bene le parole, sono uomini che quando guardano lontano, dentro i secoli, vedono soltanto la punta del loro naso. Vero è il contrario, invece: che sono gli umani il nostro patrimonio, che tocca a noi di proteggerli. Abbiate dunque la pazienza delle montagne e non quella degli uomini e, soprattutto, non lasciatevi prendere dal panico: vedrete che fra qualche anno di questo riconoscimento resterà meno di un filo di vento.
Così dicendo, il Pelmo alitò sulla Val Zoldana da una crepa spalancatasi di recente sopra la Dambra.
Il Pore, il Col di Lana e i Migogn furono molto soddisfatti della risposta. Sembrò loro che il Pelmo avesse messo gli argomenti a posto, soprattutto che li avesse messi nella giusta prospettiva. Convennero dunque che ne avrebbero fatto tesoro. Piacque anche quell'alito di vento che aveva fatto stormire i baranci come un ordine regale e definitivo.
Il Pore, il Col di Lana e i Migogn se ne tornarono a casa felici e contenti, sotto un sole che sbirciava le nuvole del pomeriggio, rincorrendosi come bambini sulle praterie di Mondevàl.


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